(…) Nei lavori di César Meneghetti c'e sempre un doppio registro: una tematica che va alle sue lontane radici, ed una universalizzazione delle questioni fatte emergere in quanto intercettate per così dire dalla condizione nomadica ed emigrante che egli condivide con la maggior parte degli uomini di questo mondo globalizzato. (…) Se la bellezza dei risultati potrebbe fare pensare a un nuovo formalismo greenberghiano anni Cinquanta, il mode d'emploi dei media e l'eccellenza formale tesa fino all'astrattismo non escludono il soggetto, anzi assistiamo a un "ritrovamento del centro", un centro che si sposta continuamente, un centro nomadico, in un intreccio infinito di individuo e luoghi o contesti, dunque la componente etico-critica, una volta di più diventa il nuovo protocollo dell'arte. Una nuova soggettività, senza "espressione", ma con "sapienza". Lo sfondo politico-sociale e sempre più importante“… tanto da provare costantemente a canalizzare questo impegno nei lavori cinematografici e documentaristici. Anche questo sguardo trasversale e inevitabilmente politico, perché non mi trovo ad osservare una realtà da un unico punto di vista.
Simonetta Lux “Arte Ipercontemporanea – un certo loro sguardo… ulteriori protocolli dell’arte contemporanea”. Gangemi Ed. Roma 2006
“Meneghetti conosce perfettamente i dispositivi video-cinematografici, padroneggia i meccanismi della lingua audiovisiva e proprio per questo riesce ad elaborare una tavolozza visuale autonoma, in grado di stimolare il fruitore, di catturare lo sguardo. L’intento di strutturare e caratterizzare poeticamente i suoi lavori è palese. Il suo percorso poetico è ampio e articolato e si evolve in un territorio nel quale si intrecciano, cinema e sperimentazione digitale, arte contemporanea e forme espressive legate all’uso artistico del montaggio.”
Maurizio G. De Bonis / Cultframe